Il comunicato di Difendimi – Rimborso Pensioni dell’Avvocato Pietro Frisani
Con la sentenza n. 19 del 2025 la Corte ha scritto l’ennesimo capitolo della lunga lotta dei pensionati contro l’omesso adeguamento totale delle pensioni al costo della vita.
La Corte ha sostanzialmente “salvato” la scelta legislativa relativa al meccanismo di raffreddamento della rivalutazione per fasce di reddito, previsto dalla Legge di Bilancio 2023, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in merito all’art. 1, comma 309, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
Per la Corte il taglio alla rivalutazione non è considerato un prelievo forzoso, ma una misura economico-previdenziale, che il governo può discrezionalmente decidere di mettere in campo, con il fine di favorire le pensioni più basse e al contempo per portare avanti una progressiva riduzione del debito pubblico.
La pronuncia è intervenuta in un momento molto delicato, di forti tensioni tra governo e magistratura, e dopo mesi di fumate nere per l’elezione dei nuovi giudici costituzionali (nominati proprio il giorno prima della pubblicazione della sentenza), ed è evidente che se la Corte avesse dichiarato incostituzionale il meccanismo di perequazione avrebbe messo in grossa difficoltà il governo.
Ma la discrezionalità del legislatore può davvero essere senza limiti soprattutto temporali?
Noi riteniamo che la Corte non abbia sufficientemente riflettuto – anche per una carenza sotto questo profilo delle ordinanze che hanno rimesso la questione – sulla legittimità dell’effetto “trascinamento” che questo meccanismo di perequazione comporta.
Parliamo, infatti, di una misura apparentemente temporanea, ma surrettiziamente definitiva.
E quando la Corte, effettivamente, parla di carattere “strutturale” della misura, non ci spiega come possa una scelta discrezionale del legislatore, sottrarsi in maniera “definitiva” a quel vaglio di costituzionalità che può essere operato solo in relazione ad un determinato contesto politico, storico ed economico.
Quindi non ci arrenderemo, e cercheremo un altro giudice che possa nuovamente, e questa volta in modo più preciso e puntuale, sottoporre la questione alla Corte.
Nello stesso tempo però, cercheremo in ogni modo di evitare la condanna dei nostri ricorrenti al pagamento delle spese, rinunciando a tutti quei giudizi in cui sappiamo che non potremo raggiungere l’obiettivo di un nuovo giudizio innanzi alla Corte Costituzionale.
Quindi cosa faremo nei prossimi mesi?
Per quanto riguarda i ricorsi pendenti, verranno via via cessati con richiesta di compensazione delle spese.
Insistere in questo momento provocherebbe chiaramente l ‘irritazione del Giudice che potrebbe condannare al pagamento delle spese i ricorrenti. Quindi sceglieremo il percorso piu coerente.
Poiché però riteniamo, come sopra esposto, che sia le ordinanze di rimessione che la sentenza della Corte costituzionale non hanno preso in considerazione le nostre motivazioni, senza cioè dare risposta ai profili di effettiva durata della misura da noi sollevati, non tutte le cause verranno abbandonate.
Continueremo a sostenere la nostra tesi, non in tutte le sedi giudiziarie ma in quelle che si sono già rivelate più sensibili all’ argomento quali ad esempio Corte dei Conti della Campania e Corte dei Conti della Toscana e alcuni altri Tribunali che non hanno avuto il timore di sollevare la questione davanti alla Corte Costituzionale.
Ad oggi questo aspetto non è mai stato affrontato, tantomeno nella sentenza 19 /2025.
Continueremo quindi a difendere anche sotto questo profilo le ragioni dei pensionati, la fascia più fragile della popolazione, che andrebbe protetta e non considerata solo come una leva finanziaria per operare delle manovre restrittive di politica economica.
Per questo continueremo a sostenere l’illegittimità del raffreddamento della rivalutazione, avvieremo ricorsi per i pensionati residenti all’estero a cui la rivalutazione verrà completamente bloccata, e inizieremo a difendere quei pensionati con il sistema contributivo rispetto ai quali, come ha sottolineato la stessa Corte Costituzionale nella sentenza del 14 febbraio, l’approccio legislativo deve essere “diversamente calibrato”.
Da ultimo sosterremo davanti alla Corte Costituzionale le ragioni di tutti i pubblici impiegati che andando in pensione per anzianità percepiscono con tempi anche di oltre tre anni il Trattamento di Fine servizio.
E infatti notizia di ieri quella che Il TAR Marche accogliendo le nostre richieste ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale.
Insomma…. continuiamo a combattere!