Nel giro di appena due anni, tra il 2023 e il 2025, il costo del denaro e il valore dei risparmi degli italiani hanno cambiato volto.
Mentre la Banca Centrale Europea ha abbassato i tassi di interesse per stimolare l’economia, gli effetti per famiglie e risparmiatori si sono rivelati tutt’altro che immediati.
Chi sperava in un alleggerimento dei mutui o in conti correnti più remunerativi, si è trovato davanti a un quadro tutt’altro che lineare.
A raccontarlo è l’ultima indagine della FABI – Federazione Autonoma Bancari Italiani, che analizza come si siano mossi i tassi tra prestiti, mutui e depositi nel triennio 2023-2025.
Mutui in discesa, ma non troppo
Nel settembre 2023, nel pieno della stretta monetaria europea, un mutuo da 100.000 euro a 25 anni costava in media 548 euro al mese, con tassi oltre il 4,2%.
La BCE manteneva il costo del denaro al 4,5% per frenare l’inflazione, ma questo significava meno credito e più spese per chi sognava casa.
Poi, dal 2024, la musica è cambiata: Francoforte ha iniziato a tagliare i tassi, portandoli al 3% a fine 2024, con rate medie scese a 484 euro.
Ma nel 2025, pur con un tasso BCE al 2%, la rata media è tornata a 492 euro, segno che i benefici non arrivano subito alle famiglie.
Le banche, infatti, non trasferiscono automaticamente i tagli della BCE sui propri tassi: tra costi di raccolta, prudenza e margini da difendere, la trasmissione della politica monetaria resta lenta.
L’inversione dei tassi: quando le banche ci guadagnano
Nel 2023 il tasso BCE era persino più alto dei tassi medi sui mutui.
Oggi, due anni dopo, la situazione si è ribaltata: i mutui hanno tassi medi superiori a quelli BCE.
In pratica, il denaro per le banche costa meno, ma ai cittadini non viene concesso a condizioni più favorevoli.
È la nuova normalità del credito: mentre la BCE alleggerisce la politica monetaria, gli istituti mantengono i propri tassi elevati, per cautela o convenienza.
Conti correnti: rendimenti prossimi allo zero
Se i mutui si sono mossi, anche se lentamente, i conti correnti sono invece rimasti immobili.
Nel 2023, con un tasso BCE al 4,5%, i depositi a vista rendevano appena lo 0,47%.
Nel 2024, con tassi al 3%, quasi identico: 0,46%.
E nel 2025, con il costo del denaro sceso al 2%, il rendimento medio è crollato allo 0,27%.
Tradotto: anche se i tassi scendono, i risparmiatori non ne vedono i benefici.
Anzi, con un’inflazione superiore ai rendimenti nominali, la liquidità ferma in banca perde valore reale ogni mese.
Chi ci guadagna
Il vantaggio, oggi, è tutto dalla parte delle banche.
Con tassi BCE più bassi e conti correnti poco remunerati, gli istituti di credito mantengono margini elevati, mentre famiglie e risparmiatori restano ai margini del beneficio economico.
Gli italiani, però, continuano a preferire la liquidità: i conti correnti restano la forma di risparmio più diffusa e stabile, anche se non rendono quasi nulla.
Solo i conti deposito vincolati o alcuni prodotti di risparmio gestito hanno intercettato parte di questa ricchezza dormiente.
In sintesi
Tra il 2023 e il 2025, il sistema del credito ha cambiato pelle, ma non ha cambiato logica:
- i mutui si alleggeriscono lentamente,
- i conti correnti restano fermi,
- e i margini bancari si consolidano.
Una realtà che mostra, ancora una volta, quanto sia importante per i cittadini informarsi, confrontare e difendere il proprio potere economico, anche nelle piccole scelte quotidiane.