CORTE D’APPELLO DI MILANO: 26MILA EURO DI RETTE NON DOVUTE! LE PRESTAZIONI SOCIO-ASSISTENZIALI PER PAZIENTI AFFETTI DAL MORBO DI ALZHEIMER GRAVANO SUL SSN
Con la sentenza n. 1644 del 9 giugno 2025, la Corte d’Appello di Milano, Sez. IV civile, ha confermato il
principio, consolidato dalla Cassazione, secondo cui le prestazioni socio-assistenziali a favore dei pazienti di
una RSA affetti dal morbo di Alzheimer sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale, in quanto
inscindibilmente connesse alle prestazioni sanitarie.
Secondo la Corte d’Appello, una diversa soluzione sarebbe in contrasto con l’art. 30 della Legge n.
730/1983 che pone a carico del SSN “gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-
assistenziali”, nonché con l’art. 3, III comma, del D.P.C.M. 14/02/2001 che prevede la gratuità delle
prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, con la conseguenza che:
– l’attività prestata in favore di soggetto gravemente affetto da morbo di Alzheimer ricoverato in RSA
è qualificabile come attività sanitaria, non essendo possibile determinare le quote di natura
sanitaria e detrarle da quelle di natura assistenziale, essendo strettamente correlate tra loro e
risultando le prime prevalenti rispetto alle seconde, in quanto mirate alla cura ed alla tutela della
salute del paziente;
– deve venire considerata prestazione socio-assistenziale anche la somministrazione continuativa di
farmaci ai soggetti affetti da gravi psicopatologie croniche che si trovano ricoverati in RSA dotate di
strumentazione e personale specializzato, idonei ad effettuare terapie riabilitative.
La sentenza ha riaffermato un principio ormai consolidato, secondo cui “le prestazioni socio sanitarie a
elevata integrazione sanitaria sono presenti ogni qualvolta le prestazioni di natura sanitaria non possono
essere eseguite se non congiuntamente alla attività di natura socioassistenziale, di tal ché non sia possibile
discernere il rispettivo onere economico”, con la conseguenza che “diviene prevalente la natura sanitaria del
servizio in quanto le altre prestazioni – di natura diversa – debbono ritenersi avvinte alle prime da un nesso
di strumentalità necessaria”.
In altri termini, secondo la Corte d’Appello di Milano, è sufficiente “che a una persona affetta da Alzheimer
siano erogate prestazioni sanitarie collegate, per rendere la p r e s t a z i o n e assistenziale inscindibilmente
connessa a quella sanitaria (Cass. Sez. 3, 24/01/2023, n. 2038)”. Tali principi valgono non solo nel caso di
pazienti affetti da morbo di Alzheimer, ma anche in presenza di altre patologie degenerative, come la
demenza senile, ovvero disabilità dovute a deficit cognitivi, occorrendo più in generale verificare se, in
relazione alla malattia di cui è affetto il paziente, siano necessarie, per assicurargli la tutela del suo diritto
soggettivo alla salute e alle cure, prestazioni di natura sanitaria che non possono essere eseguite se non
congiuntamente alla attività di natura socio-assistenziale.
La Corte d’Appello, pertanto, ha accolto l’impugnazione promossa dalla figlia della paziente affetta da un
grave deficit cognitivo e demenza, e riformando la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano ha
accertato che le somme richieste dalla RSA convenuta a titolo di rette di degenza (€ 26.626,40) non fossero
dovute, dichiarando la nullità del contratto di assistenza sottoscritto per la madre e condannando la RSA
convenuta a rifondere all’appellante la metà delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.